Di Libero

Da qualche giorno non si fa altro che parlare di talebani e Afghanistan, stiamo scoprendo un nuovo tipo di estremismo islamico che rispetto al 2001 si sta dimostrando molto più moderno e al passo con i tempi, soprattutto per ciò che riguarda la comunicazione. 20 anni fa i mezzi di propaganda erano assai limitati e le dichiarazioni si limitavano a brevissimi video, ora invece i talebani si rivolgono a giornalisti, agenzia di stampa ma soprattutto usano i social network.

Come ha reagito internet a questa novità?

Storicamente Facebook e Twitter vietano la diffusione di materiale che potrebbe essere utilizzato per il reclutamento di ragazzi occidentali tra le file di organizzazioni terroristiche, come avvenne con i Foreign Fighters durante la guerra in Siria o i giovani di seconda e terza generazione che commisero attentati in Francia, Belgio.

Strano quindi che il “Fedez” dei talebani, l’influencer più seguito dai fan della sharia pochi giorni fa abbia toccato 320’000 follower su Twitter, stiamo parlando di Zabihullah Mujahid, il portavoce dell’Emirato Islamico.

Twitter ha inoltrato un comunicato in cui afferma che ha ritenuto corretto concedere spazio al rappresentante politico di uno stato, anche se con una banalissima ricerca si scopre che l’account risulta iscritto a Twitter dall’aprile 2017, ben prima dell’avanzata talebana che ha portato alla caduta di Kabul, già dal 2017 quindi, è stato un megafono importante per la diffusione di messaggi di propaganda legati all’estremismo islamico.

Ed eccoci di fronte all’ennesimo cortocircuito, si para davanti a noi una discrasia imbarazzante, lo stesso social stabilisce infatti che è giusto censurare l’ex presidente degli Stati Uniti ma sceglie di non censurare il leader di una formazione terroristica. Di altro avviso invece Facebook che decide di procedere con un bel “ban”, risultando quantomeno coerente.

Nonostante ciò, alcuni prodotti dell’impero di Zuckerberg sono comunque ben visti dai talebani, a quanto pare gli insorti usano WhatsApp già dal 2016. Quando sono entrati a Kabul domenica, i ribelli hanno istituito e pubblicizzato una nuova Chat sulla medesima piattaforma, per creare un rinnovato senso di appartenenza alla terra.

Due giorni dopo è stata chiusa, insieme ad altri canali ufficiali dei talebani.

Non si fa certo attendere la risposta che arriva in punta di AK-47 (arma che si addice meglio ai talebani rispetto al fioretto) del portavoce Zabihullah Mujahid che, vistosi incalzato da un giornalista della CNN, il quale gli chiede il livello di libertà di espressione in Afghanistan, risponde:

“Quando le persone si chiedono quale sia il livello di libertà di espressione in Afghanistan, dovrebbero rivolgere la stessa domanda a certe compagnie, come Facebook. Lo chiedano a loro”.

Un colpo di RPG sparato in bocca alla società civile insomma, che plaudeva alla censura per Trump o, in Italia, per CasaPound. Ecco quindi che da una grotta nel centro del Medioriente ci arriva una riflessione eccellente su cosa sia oggi, nel democratico e pluralista Occidente, la tanto osannata libertà di espressione.

Una libertà che però viene controllata, sorvegliata, che deve essere sicura e senza pericoli, perché c’è un virus pericoloso attorno a noi, le fake news. Ma tranquilli che c’è qualcuno che vi protegge, dovete solo essere bravi e fare come vi dicono altrimenti devono segregarvi, per il bene di tutti e non vi faranno parlare.

Diciamo che per essere realmente liberi nel democratico occidente c’è bisogno di un patentino, un lasciapassare, una sorta di pass ecco.

Ma aspettate un attimo… non è che questa parola non vi ricorda qualcosa?