Di Elena

Le votazioni che si sono svolte in Russia nei giorni precedenti hanno consacrato all’ennesima vittoria il Presidente del Partito ‘’Russia Unita”, Vladimir Putin. Egli infatti tornerà trionfante a controllare la Duma, nonostante il disappunto dei Comunisti (che hanno già denunciato brogli) e dell’Unione Europea che sperava di interfacciarsi con un nuovo presidente di mentalità più liberale. A questo punto, una piccola riflessione post elezioni non può mancare, ma più che politica sarà culturale e cercherà di analizzare il cambiamento ideologico che ha scosso in tutti questi anni il paese più grande del mondo: da baluardo dei valori comunisti a promotore di idee sovraniste.

Più in generale, nel panorama culturale russo si stagliano molte voci, tra le proposte più interessanti ci sono ad esempio i comunisti che considerano la nuova Russia come una URSS senza ideologia, e quella dei sostenitori di ‘’Russia Unita”, il partito del Presidente Vladimir Putin che tendono a vedere nel paese una pluralità di identità diverse che vanno conservate e protette quindi la Federazione in qualità di erede dell’URSS e della Russia Imperiale, ha il dovere etico e morale di difendere i confini dello Stato. Un’altra visione interessante è quella secondo cui la Russia dovrebbe “riprendersi” tutti quei territori abitati da russi (in senso etnico), quindi ad esempio la Crimea e il Kazakistan, lasciando però dall’altro lato l’indipendenza alle regioni che culturalmente non partecipano alla formazione dell’identità russa, anche se non è chiaro quale sia il confine tra l’identità di un russo e un non russo.

Il punto fisso su cui però bisognerebbe soffermarsi a riflettere, come suggerisce Alessandro Meluzzi, è che in ogni caso la Russia odierna ha smesso di rappresentare le istanze e le speranze dei progressisti post-comunisti, vittime più o meno coscienti di questo nuovo mondo schiavo del globalismo. La Russia del XXI secolo riunisce in sé le aspettative delle forze sovraniste e identitarie che si oppongono al materialismo, all’ateismo militante e alla sacralizzazione dell’economia. Per Meluzzi e il suo mentore Padre Pera, la causa va ricercata nella storia spirituale della Russia, essi infatti sono convinti che, nonostante l’ateismo di stato imposto dai bolscevichi, il popolo sia rimasto segretamente attaccato a delle primitive forme di spiritualità che sono tornate poi in voga con la caduta dell’URSS. Infatti dopo questo avvenimento epocale, il numero degli ortodossi praticanti è schizzato all’80 percento, ma questo potrebbe essere più un passaggio rituale dovuto all’abbandono dell’ateismo di stato imposto dall’Unione Sovietica.

Nonostante i cambi di generazione e di governo, la Russia è ancora concorde nella sua posizione antieuropeista. Putin, infatti, dichiara di volere un dialogo con l’UE senza tuttavia sentire la necessità di identificarsi nella storia e nella cultura europea perché, come sottolineava Trotskij, è infattibile. I precedenti storici dati dagli errori occidentali servono a giustificare questa presa di posizione, è sufficiente ricordarsi degli interventi della NATO (per esempio di Jugoslavia), degli orrori provocati dal capitalismo, o dell’ipocrisia che si cela dietro l’uso poco arbitrario della parola democrazia, abusata e mal compresa soprattutto dagli Stati Uniti: coloro che la esportano con le armi.

Ad ogni modo, un’anima europea, anche se di dimensione ristretta, persiste anche nell’odierna Federazione Russa e, come nel XIX secolo, è composta da russi occidentali che viaggiano e studiano tra Europa e America. La tendenza europea della Russia non nasce casualmente, essa infatti è il frutto del lavoro dello zar Pietro il Grande, cultore della genialità europea. Egli cercò di modernizzare il paese seguendo il modello europeo e arrivando a conquistarsi la supremazia sul Mar Baltico grazie alla costruzione di una flotta competitiva. Con l’ingresso nel XIX secolo l’incanto europeo e illuminista finisce, gli zar tentano di ripristinare una visione più autarchica e meno dipendente dalle mode occidentali.

L’idea di Russia che domina nel mondo contemporaneo, è quella di uno stato multietnico con un forte potere centrale e grandi ambizioni esterofile, ma al contempo si percepisce una quasi totale assenza di opposizione politica (tipica invece delle democrazie occidentali). Nonostante un evidente plurinazionalismo, c’è collaborazionismo tra le diverse etnie che abitano il paese, anche se queste sono state protagoniste di storie diverse e non proiettate ad una visione ‘’russocentrica” dello stato. Tuttavia, i vari studiosi che negli anni si sono occupati di storia russa, hanno preferito fornire un’immagine d’insieme del paese, anzi che evidenziarne la particolare conformazione etnica e questo non ha contribuito a risolvere il problema relativo alla crisi d’identità.

Naturalmente, oltre che la vicina Europa, anche l’Oriente ha un forte ascendente. Difatti, dopo l’espansione del 1815 che garantì alla Russia il dominio su numerosi territori asiatici tra cui la Siberia, l’Amur e la Manciuria (quindi anche i territori appartenente all’Orda d’Oro cara a Gengis Khan), la Russia si apre piano piano alla cultura mistica ed esoterica tipica delle filosofie di vita orientali come il buddhismo. Nonostante la fascinazione per questi popoli, in parte recentemente annessi all’Impero, l’atteggiamento russo oscilla tra la tolleranza e il pugno di ferro, tipico dei paesi colonizzatori europei. Infatti, se all’inizio i russi si mostrano tolleranti nei confronti di questi nuovi cittadini permettendogli di mantenere il proprio sistema fiscale, politico e religioso, dopo gli insegnamenti europei, provarono anch’essi a divenire dei ‘’portatori di civiltà che cercano di educare dei primitivi”, come insegna la scuola antropologica ottocentesca.

Con il XIX secolo, il baricentro dell’Impero si spostò verso Oriente togliendo la possibilità alla Russia di essere considerata una nazione europea a tutti gli effetti e di fatto forzandola ad integrare gente di religione e cultura profondamente diversa. Dostoevskij intravide nel progetto delle potenzialità, tanto che scrisse «’In Europa siamo stati schiavi e parassiti, in Asia saremo Europei». Il sistema di integrazione forzata fu macchinoso e dispendioso a livello energetico, non a caso risultò essere irrealizzabile sul lungo termine a causa delle numerose rivolte locali. Ad ogni modo, i russi rimasero affascinati dalle correnti filosofiche provenienti dall’Oriente e dal Medio Oriente e, con animo leggero, abbracciano nuove scuole di pensiero.

Se da una parte l’Europa si cullava nell’elogio della scienza e del progresso tecnologico e la Russia celebrava i valori piatti e stereotipati del comunismo, l’Oriente non rinunciò al proprio percorso di crescita spirituale nel rispetto delle tradizioni secolari. In questo scenario dualistico, ci fu chi in nome di una profonda coscienza spirituale, combatté contro l’involuzione russa sottomessa a degli ideali frivoli e superficiali.

Per noi europei attenti alla situazione geopolitica internazionale, non rimanere che guardare con attenzione ai movimenti della potenza russa, rimanendo comunque vigili ed evitando il rischio di seguire un modello (seppur efficace) soltanto perché attualmente non ci sono proposte migliori. Il filtro culturale e la storia russa sono particolari ed unici, quindi adattabili solo a quel determinato contesto. Tuttavia, auguriamo al Presidente Putin un buon lavoro nella speranza che rivaluti alcuni aspetti del suo precedente operato e che scelga in maniera più eticamente corretta i suoi interlocutori.