Di Michela

Roma, 23 sett – Ashur Sarnaya, cristiano assiro-caldeo di origine irachena, è stato assassinato il 10 settembre 2025 a Lione. Aveva circa 45 anni, era costretto su una sedia a rotelle e viveva con la sorella nel nono arrondissement, dopo essere fuggito nel 2014 dall’Iraq per scampare alle persecuzioni dell’ISIS.

L’omicio di Ashur Sarnaya

Quella sera stava trasmettendo in diretta su TikTok, parlando della sua fede cristiana e criticando l’islamismo radicale. All’improvviso un uomo lo ha colpito con una coltellata al collo, probabilmente alla carotide, provocandone la morte per arresto cardiorespiratorio. I soccorsi non hanno potuto salvarlo. Le indagini restano aperte: non è ancora chiaro se il movente sia religioso, politico, personale o criminale. Sarnaya aveva ricevuto minacce, tra commenti online e telefonate anonime, proprio per i suoi contenuti critici verso l’islamismo, ma al momento non ci sono prove definitive che l’aggressione sia stata dettata esclusivamente dall’odio religioso. La vicenda ha suscitato indignazione nella comunità cristiana, tra le associazioni che difendono la libertà religiosa e nell’opinione pubblica europea. Ancora una volta il dibattito torna sul terreno sensibile della convivenza forzata e delle tensioni che il multiculturalismo esaspera.

Considerazioni doverose

Se il movente fosse davvero l’odio religioso, l’omicidio di Sarnaya dimostrerebbe che a certe “risorse” non importa chi sei o quale ruolo occupi: basta una parola di troppo per diventare un bersaglio. Non serve essere un leader politico o un attivista di primo piano, basta non piegarsi. E questo mostra la fragilità della “libertà di parola” in un’Europa che preferisce censurare i movimenti nazionalisti e abbassare la testa di fronte alla radicalizzazione religiosa. Ma anche se non fosse così, il fatto stesso che la morte di Sarnaya sia stata immediatamente letta da molti come un crimine d’odio indica un cambio di percezione. Non si tratta di razzismo: le persone, dopo anni di episodi e attentati, avvertono un pericolo reale e cominciano a capire che la convivenza imposta genera conflitti insanabili. Nei commenti sotto i video che parlano dell’omicidio compaiono sempre le stesse frasi: “Okay but in the first place why he even disrespecting others religion” o “No one should criticise Islam”. Non è solo giustificazione, ma normalizzazione della violenza contro chi non si allinea.

Una tensione che attraversa l’Europa

È già accaduto con altre figure e continua a ripetersi, a dimostrazione che una parte dell’opinione pubblica non vede nell’omicidio di un cristiano un crimine, ma un atto comprensibile. Questo caso, dunque, non è un episodio isolato. È parte di una tensione globale che attraversa l’Europa e la sua capacità – o incapacità – di difendere i propri cittadini, la libertà di parola e la propria identità.

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